giovedì 22 gennaio 2009
20 gennaio (scusate il décalage, presto mi rimetto in pista)
ça y est, je suis arrivé. Enfin, presque :)
Sono a Bujumbura, e ci passerò la notte. Ora vi racconto il mio viaggio della speranza.
Partenza prevista per le 00.05 di martedì, dunque lunedì sera.
Arrivo a fiumicino, e sullo schermo l'aereo aveva 2 ore e mezza di ritardo. Ma solo sullo schermo, perchè nel paese di Pirandello, Pulcinella e Buttiglione, arrivato al check in mi sento dire che è un errore del sistema. Bah.
Il volo Roma- Addis Abeba ariva in realtà da Washington, e dopo 40 minuti di attesa, ci imbarcano dicendoci "the plane is seat free", cioè entri e ti siedi dove ti pare. E qui si vede il vero spirito italiano, come siamo ordinati, composti e solidali gli uni con gli altri, davvero.
Quanto a me, dopo i dovuti arrivederci, ci vediamo presto, vi mando le foto, sì non vi preoccupate sto attento, mi imbarco, il magone in gola e l'entusiasmo di una nuova avventura in testa.
E mi dico, se si decolla a mezzanotte, si dormirà! E no, invece!! Ethiopian airlines lascia tutte le luci accese, e in più le hostess (peraltro le etiopi sono davvero molto belle) passano a tutte le ore, ti svegliano per chiederti se vuoi un succo d'arancia. Mi spiega lei cosa ci faccio con un succo d'arancia alle tre di notte? VOGLIO DORMIREEEEEE!!!!!!
Vabbè, arrivo alle 7.30 di mattina ora locale, dopo aver attraversato il deserto del Sudan, qualcosa di stupendo, e poi la catena montuosa attorno ad Addis Abeba, ancora più bello. Pensavo, tra l'altro, di essere il solo bianco, o quasi, e mi sono reso conto che l'aereo era pieno di italiani!!
Bref, lascio l'aereo per prendere la coincidenza, passo il gate, e aspetto. Poi ci imbracano, sistemo le mie cose (è davvero difficile per noi chitarristi portarci il nostro strumento, tutto ci rema contro!), mi siedo, accanto a me un indiano. L'aereo era pieno di indiani, qualche cinese, e burundesi (ma che ci fanno gli indiani in Burundi?).
E poi la voce del comandante: bisogna scendere, c'è un problema tecnico. E da lì, è cominciata un'odissea, abbiamo aspettato 6 ore all'aereoporto di Addis. Ma nel frattempo ho conosciuto Adele, una ragazza francese che lavora a Bukavu per una ong francese, Marco, giornalista fotografo che vuole fare un servizio sul conflitto in Congo. Poi c'era questo tipo, sulla sessantina, livornese doc (si riconoscono perchè dicono "deh" ogni tre parole), consulente per una società francese che fa infrastrutture in parecchi paesi africani. Avete presente quando si parla di debito estero dei paesi in via di sviluppo? Beh, questa ne è una parte consistente. La Francia (per esempio) realizza delle infrastrutture in Burundi, che poi il Burundi dovrebbe ripagare. Poi arrivano Bono Vox e Jovanotti, fanno una campagna tipo "cancella il debito" e i governanti africani sono contenti perchè da un lato i governi occidentali cancelleranno il debito (quindi la strada è gratis), o almeno parte di esso, dall'altro il governo sa perfettamente che la Francia ritornerà a fare infrastrutture. Questo crea effetti perversi enormi in economie già fragili. Chi guadagna in tutto questo? I governi dei PVS, in termini di consenso. Ma tutto ciò crea semplicemente dipendenza dall'aiuto esterno. Ma questo in occidente non lo capiscono tutti, perciò la campagna di cancellazione del debito avrà sempre i suoi accoliti.
Insomma, dopo un'estenuante attesa di 6 ore, mitigata solo dall'eccitazione della mia prima volta in Africa, ci imbarchiamo, e questa è la volta buona.
Dopo tre ore di volo, si intravedono tra le nuvole le mille colline del rwanda e del burundi, uno spettacolo fantastico. Atterriamo e l'aeroporto di Bujumbura è carinissimo, sembra l'aeroporto dei puffi, perchè la parte centrale è fatta di tante costruzioni che ricordano degli enormi funghi, secondo me rappresentano le mille colline della regione.
E comunque l'aeroporto funziona meglio di fiumicino, i frequentatori rispettano la fila e sono gentili.
Uscito dall'aeroporto, mi viene incontro Luis, giornalista dell'ong per la quale lavoro, burundese, che mi viene a prendere con una macchina scassatissima (la sua), con guida a destra, e dipinta all'esterno con i colori della bandiera giamaicana. Una figata pazzesca. E mentre parliamo, ci sorpassa una grossa jeep. E' bianca, e porta le insegne UN, nazioni unite. E per la prima volta sono davvero contento di stare lì dove sono.
lunedì 19 gennaio 2009
lunedì 12 gennaio 2009
venerdì 9 gennaio 2009
Eccoci qui. Anzi, rieccoci qui. Anzi, ri-ri-eccoci qui. Spero che il mio terzo blog durerà più dei miei primi due!!
Ma stavolta c'è una ragione. Fra due settimane parto nella Repubblica Democratica del Congo, ho ricevuto una proposta da una ONG per andare a fare l'Head of Office (capufficio suona male) di una piccola città sul lago Tanganyka.
E quindi siccome non è come l'altra volta, quando partivo per Haiti, che le pratiche logistiche me le sbrigavano tutte le UN, adesso me la devo cavare io. Va bene, questa la riscrivo.
A differenza della scorsa missione, quando ero volontario delle Nazioni Unite ad Haiti, ora devo sbrigare tutte le pratiche burocratiche da solo, fra cui il visto.
O i visti, per dirla tutta. Il mio itinerario sarà infatti Roma- Addis Abeba-Kigali-Bujumbura. Poi da Bujumbura in macchina fino a Uvira, passando per Bukavu, capitale del Sud Kivu. Quindi siccome siete bravi e conoscete tutte le capitali del mondo, avrete già capito che devo avere i visti del Congo, del Ruanda e del Burundi. No!!! per l'Etiopia no!!! E' solo uno scalo!!!
Quindi mi sono informato, e appena rientrato dalla Francia, ieri mattina parto alla volta di Roma, per fare i visti d'entrata di Congo e Burundi, perchè per il Ruanda la procedura è solo online. In una Roma molto piovosa, incontro il secondo cancelliere dell'ambasciata congolese, sita vicino piazza Barberini. Entro nel suo ufficio e c'era anche un prete congolese che mi chiede se posso recapitare 2 libri a suo cugino che sta a Bukavu, visto che ci passo. Manco stesse aspettando me, 'sto prete. Comunque gli dico di sì, e ci diamo appuntamento all'aeroporto il 20 gennaio.
Il cancelliere congolese mi dà il modulo da riempire e mi chiede le foto tessera. Non faccio in tempo a scrivere il mio nome e cognome, che mi dice "Donnez-moi ça, je vois que vous ete un peu lent!" Minchia, e dammi il tempo!!!! Insomma, si riprende modulo, il passaporto e le foto tessera e mi dice di tornare fra una mezz'ora, e tutto sarà pronto. D'accordo, allora - mi dico - vado in quel bar a piazza Barberini dove ci sono dei tramezzini buonissimi.
A parte il fatto che i tramezzini non sono più buoni, anzi fanno schifo e che il bar si è allargato ed è diventato grandissimo, un quarto d'ora dopo il mio amico cancelliere mi chiama al telefono (ci eravamo scambiati i cellulari) è mi dice "tout est pret, je vous attends". va bene, dico io, se è tutto pronto, arrivo!!! Il mio primo visto africano!!!! Non ci posso pensare!!!!!! Salgo su, faccio le scale di corsa, lui mi riceve alla porta, mi fa vedere il mio passaporto con un grosso timbro su di una pagina, e mi pone una ricevuta che non varrebbe neanche a San Marino, e mi dice "ça fait 317". Lunga pausa. 317 che? Sono 317 euro, il visto di lavoro per sei mesi a entrate multiple. Ma come 317 euro? Ma chi ce le ha? E da lì comincia una contrattazione furiosa, da cui non cavo assolutamente niente, se non un'incazzatura del secondo cancelliere che prima mi dice "écoutez, ne me laissez pas parler, Dieu seul sait que c'est compliqué pour entrer chez vous", come se io fossi stato dietro il progetto politico degli accordi di Schengen, e poi mi dice "Et en tous cas c'est moi le chancellier, ou vous acceptez ça, ou pas di visa!". Eh vabbè, non ti incazzare, però cazzo, sono trecentidiciassette euro!!! Me lo potevi dire prima! Alla fine ci accordiamo, vado a prendere i soldi torno su, lui mi invita gentilmente in una stanzetta accanto (la cosa non sembrava per niente losca) chiude la porta, io tiro fuori i soldi e aspettavo il resto. Lui mi guarda e mi fa: "Il manqu'un euro, je le bouffe". Va bene, mangiatelo e strozzatici pure!!
Sono stato consolato dalla mia amica Maria, che è diplomatica maltese, e che conosce le "procedure" per avere un visto congolese, e mi ha detto che è così e che non ci si può fare niente. Bienvenu au Congo!
Nel pomeriggio sono andato all'ambasciata del Burundi, che però non è in centro, e lì me la sono cavata con 10 euro. Ho anche intravisto l'ambasciatore che è uscito dal suo ufficio con una fantastica camicia verde marino chiaro chiaro chiaro e gemelli dorati, polsino che gli copriva la metà della mano, alza il braccio e con un sorriso mi fa "Bonjour!". Sembrava la versione africana di Renato Rascel.
Per questa settimana è tutto, io sto leggendo un sacco di cose sul conflitto in Congo. Il mio lavoro consisterà nel coordinamento delle attività dell'organizzazione, lavorerò tanto con i rifugiati e gli IDP (sfollati, in italiano, sono i cosiddetti rifugiati interni perchè non hanno passato nessuna frontiera). Mancano ormai 10 giorni, e non vedo l'ora di arrivare in Congo.
Alla prossima!
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