sabato 14 novembre 2009

Samedi matin, plaine de la Ruzizi, activité de sensibilisation contre les violences sexuelles avec les militaires.

Question de l'animateur: si votre femme vous disait qu'elle a été violée, quelle serait votre réaction?

Un militaire prend le micro: je la pardonnerais.

Bravo.

mercoledì 14 ottobre 2009

Sette di sera, non c'è luce. Menomale che la batteria del mio Mac è ancora buona.
Il capo mi ha chiesto un rapporto trimestrale narrativo e finanziario. Oggi.
Cioè, non proprio oggi, ma mi ha chiesto oggi di fare delle modifiche. E me le ha chieste oggi, per oggi. E sono tante. E li mortacci sua.
E' strana, ci infila sempre quelle parole di incoraggiamento tipo René Ferretti di Boris, ché a me mi viene da ridere.

Ieri ricevo un messaggio su Facebook, l'arma di distrazione di massa.
Il nome non mi era nuovo, ma davvero non riuscivo a capire chi fosse.
Apro il messaggio, e leggo confusamente. Spero di infilare il mittente in una coordinata tempo-spazio, di metterlo nella casella giusta, e finalmente di riuscire a capire chi cazzo è.
Dentro ci sono parole che una volta avrebbero avuto l'effetto della madeleine di Proust, firenze, via minzoni, deltachi, compagno di stanza. Adesso sono troppo lontane, anche i biscotti vanno a male.

E poi una su tutte, che avevo capito mi apparteneva, ma non riuscivo ad afferrarla.
Il Poster di Pippo ce l'ho ancora io, mi dice.

Il Poster di Pippo.

Come il Poster di Pippo? Chi sei, tu? Mi stai dicendo che il poster di Pippo era mio? Ero io quello che aveva il Poster di Pippo in camera?
Eh già, ero io. E' vero, io avevo un gigantesco poster di Pippo. Piaceva a tutti, ma soprattutto a lui. All'epoca a Firenze abitavo in un internato, poi è arrivato mio fratello, e nel '98 abbiamo preso un appartamento insieme.
Nella mia camera c'era un Pippo gigantesco, e avevo dimenticato che nel lasciare quella camera avevo regalato il poster a lui, a Roberto. Gli piaceva tanto.

Adesso Roberto è sposato e fa il dentista, mi racconta. Ha lasciato Firenze nel 2004. E recentemente si è trovato 'sto Pippo fra le mani e gli sono venuto in mente io. E io mi ero completamente dimenticato della sua esistenza. Però adesso mi ricordo che mi aveva fatto piacere regalargli Pippo.

E questo che c'entra con il fatto che faccio l'umanitario e che vivo in Congo e che la gente che legge questo blog si aspetta racconti fantastici su coccodrilli, hutu e tutsie e quanto è difficile vivere qui?

Non c'entra assolutamente niente. E' questo è il punto.
Vivere qui, in un continente straniero, dove niente ti assomiglia, è un po' vivere su un altro pianeta. Ora, alcuni ci stanno bene e ci restano, perchè non stanno bene sul loro pianeta. Altri arrivano qui per vedere cosa sono capaci di fare. Altri ancora perchè non sanno che pesci prendere.
Ma una volta che arrivi qui, questo conta poco. Perchè sei su Marte. Perchè incroci militari ubriachi, o anche sobri, ma che hanno un lancia razzi in braccio. E non è normale. Perchè non sai se il giorno avrai l'acqua o la luce.

E sei un extraterrestre per te stesso, perchè vivi dove niente ti assomiglia. Sei un extraterrestre per gli altri, perchè sei ricco, vieni da un paese ricco che è in pace e che però esporta la guerra in Africa. Poi se gli dici che sei italiano, magari si ammorbidiscono.

Poi arriva Pippo, o meglio Roberto, che ti riporta indietro di 10 anni. Che ti dice che eri uno stupido universitario con poca voglia di studiare, con un poster di Pippo, e che ti piaceva cazzeggiare con la tua chitarra in giro per le camere, e fumare sigarette in cucina, ché se s'incazzano si scazzano.

Ecco, magari non sono cambiato molto da allora, a parte che sono 3 giorni che non fumo.

Però datemi indietro Pippo.

giovedì 1 ottobre 2009

Mercredi matin, 9 heures et demi, bureau.

" Bonjour Papa, comment ça va?"
" ça ne va pas avec la famille "
"Ben qu'est-ce qui se passe?"
"Hier soir mes deux soeurs ont été atrappées par les démons, ils voyaient notre oncle qui est mort en Juin, donc on a été obligé d'aller chez le Pasteur pour prier, et finalement ça a marché, mais pendant toute la nuit c'était difficile!"

C'est bien gentil de partager tout ça avec moi, mais là si tu veux j'ai deux rapports narratifs et un rapport financier...


Mercoledì mattina, 9 e mezza, in ufficio

"Buongiorno Papa, come va?"
"Non va bene in famiglia"
"Perchè? Che succede?"
"Ieri sera le mie due sorelle sono state possedute dai demoni, hanno avuto la visione di un nostro zio che è morto a Giugno. Siamo andati dal pastore per pregare e ha funzionato, ma la notte è stata difficile"

Ti capisco, ma io adesso ho due rapporti narrativi e un rapporto finanziario...

mercoledì 9 settembre 2009

E' appena andata via la luce. il mio guardiano mi dice che quando se ne va qui a casa, ça montre que c'est dans toute la ville. gli credo, in fondo non mi costa molto.
Sabato sera. Sette e mezza. Ci sono stati tempi migliori.
Qui sono cominciate le operazioni militari contro gli ex interahamwe, gli FDLR. Oramai vanno avanti da quasi due mesi.
Io e gli altri cerchiamo di capirci qualcosa, ma bisognerebbe stare nelle stanze dei bottoni per saperne di più. E quindi alla fine ci limitiamo a cercare una via d'uscita, in caso di bisogno. Che non c'è, tra l'altro. Se scoppia la guerra ad Uvira ti nascondi in bagno, accendi il satellitare (che tanto negli interni non prende) e speri di avere abbastanza batteria nel tuo cellulare, qualche bottiglia d'acqua e un po' di pane. E tieni la testa bassa, chinati juncu ca passa la china. I congolesi che abitano qui lo fanno ormai da 15 anni. L'uomo si abitua alla guerra, alla fame, e ad un sacco di brutte cose, è un modo per difendersi.
Quanto a me, le cose vanno bene, ci si diverte un po' meno, questi 32 anni appena fatti non so cosa mi porteranno, ma sarà difficile essere più felice di qualche tempo fa. Uno però ci prova, dai, in fondo non è impossibile, una volta che sai quello che vuoi fare da grande, che hai gli amici, la famiglia, che tutto va bene, dovresti essere felice. E invece no. Però ci si prova, ripeto. Poi non ci può lamentare sempre di tutto, guarda il lato buono delle cose, ho l'acqua calda in bagno, la prossima settimana probabilmente avrò internet in ufficio, l'elettricità a casa è più stabile, la donna di casa ha imparato a cucinare un sacco di altre cose buone e ne è fiera. Quindi alla fine non è che va tutto male. Vabbè dai, alla fine no. Però...

La scorsa settimana ero a Sange, un villaggio ad un'ora da qui. Ero insieme a due gentili signore della sede di Washington, che mi avevano regalato una spilla con la famiglia reale americana, Obama con moglie e figlie. Io ho ringraziato gentilmente, ma a me di Obama sinceramente non me ne frega un cazzo.
Detto questo, un bambino mi si avvicina, arrivava all'altezza della mia borsa dove avevo attaccato la spilla, camminava con due bidoni vuoti che servono a raccogliere l'acqua. Alza la testa, mi guarda, sorride e grida "Obama aime les enfants!" E tutti a ridere.
Due giorni fa il villaggio è stato attaccato dagli ex interahamwe. Pare non ci siano state vittime, ma lui avrà sicuramente avuto paura.

... te parler du bon temps, qui est mort et je m'en fous, te dire que les mechants c'est pas nous...

Per il resto la routine qui è sempre interessante, trovo anche il tempo di suonare, di provare a mettere insieme due accordi e tre parole che assomigliano a una canzone. Però Iris, quella dagli occhi blu, è partita. Fine missione. E' un peccato, ha una bella voce, abbiamo registrato anche qualcosa insieme. Adesso c'è anche Gigi, che suona le percussioni, e insieme a due chitarre ogni tanto ci divertiamo. Se solo Iris fosse stata più bassa.

Fa caldo da morire, stasera. Le mistral gagnant di Renaud mi fanno compagnia da un po', forse perchè ho passato gli ultimi 32 anni a voler essere sempre da un'altra parte, nel tempo e nello spazio. Forse è per questo che faccio questo mestiere. O forse no. Forse mi piace e basta.
Non riesco a trovare un finale stasera, quindi la chiudo qui così, e alla prossima. Et les mistral gagnant.

lunedì 25 maggio 2009

Una di quelle mattine lì.

Ti svegli e non sai se con il caffè ci va Van Morrison o Cat Stevens, allora ripieghi su Dylan, Boot of Spanish Leather.
C'è uno strano cielo blu, chiaro, quasi senza nuvole, è raro da queste parti, dove non arrivano gli angeli a insegnarti la strada buona.

Oh I can't I can't, you ask me again, it only brings me sorrow...

Il sole si riflette sul lago, tra gli alberi si vedono le piccole barche dei pescatori. E' sabato, ma c'è sempre qualcosa da fare in ufficio. Un po' di mal di testa, troppo rum ieri sera.
Degli amici che ho conosciuto rimane qualcuno, molti in vacanza, altri a fine missione. Fortuna che torna Andrea, così continuiamo a suonare insieme. Volume alto, chitarre in sincrono, per non sentire quello che hai dentro. O per vomitarlo tutto fuori. Ha ragione il suonatore Jones, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare.

Insomma, qui va tutto bene, si aspettano i fuochi d'artificio, il mio lavoro va bene, la mia capa è contenta di me, io ho molte soddisfazioni e vedo che quello che facciamo qui per il paese ha un impatto reale e duraturo. Difficile da credere, ma è così. Poi però hai sempre il dubbio di lavorare per gli altri per non pensare a te.

In questi mesi sono successe un sacco di cose, a me e al Congo. Comincio a capire e a decifrare il contesto in cui lavoro, ma non sono sicuro di aver capito tutto quello che è successo a me. Però non ho l'impressione che la mia vita mi sfugga di mano, e questo mi rincuora.
Ho perso la fiducia in me stesso, sono caduto col culo per terra. Mi ha fatto male. Però mi sono rialzato, un amico che passava di là mi ha teso la mano, e mi ha detto vieni, andiamo a suonare. Era bello, c'erano tante birre fredde (non è scontato da queste parti), c'erano tante ragazze, suonami questa, e suonami quella, e facciamo Renaud, e la sai quella di Benabar, e Ligabue perchè ti tiene su soltanto un filo, sai.
E' bello guardare le ragazze dritte negli occhi mentre suoni, è bello giocarci. Abbassi la testa e sorridi sull'accordo finale, all'applauso riprendi la sigaretta che hai appoggiato accanto a te, o infilato tra la corda e la paletta, à la Eric Clapton. Così racconti qualcosa di te, sperando di farti capire. E qualcuno che capisce c'è sempre, o forse sono solo fortunato.
Quella sera abbiamo brindato, abbiamo cantato, abbiamo riso. Io mi sono leccato le ferite, non avevo cerotti. Poi ho ripreso la chitarra, e piano piano Sol maggiore, bassi alternati, fingerpicking rubato a Paul Simon, e con una voce che volevo somigliasse a quella un po' infantile di Garfunkel ho cominciato. I hear the drizzle of the rain... Allora una ragazza si è girata, tutti quanti parlavano, ma lei ha fatto Shhhh, ascoltatelo. E il silenzio attorno a te, allora acceleri il tempo della canzone, è un errore, ma inevitabile, poi ti riprendi. And I song I was writing is left undone, chissà perchè continuo a cantare canzoni in cui non credo. E piano piano ti sveli. Non è così facile.
Quella sera c'era una luna grande così. E c'era anche la croce del Sud, che si muove, fa un lungo giro. E c'era anche Iris, che canta Tracy Chapman, e quando alzo la testa gli sguardi si incrociano, lei mi sorride, io ricambio, ma non le faccio vedere che quegli occhi blu da olandese sono talmente belli che me li ricorderò ancora per un bel po'. Niente di che, ma a volte suonare e cantare insieme creano una sorta di sintonia sottotraccia, non so come spiegarlo.

Poi si rimane in 2 o 3, allora si fa l'ultima, quella che chiude la serata, ci son macchine nascoste, e però nascoste male. Qualche tempo fa era buonanotte fiorellino, ma quella l'ho lasciata a lei, in un bilocale di Parigi, era gennaio, pioveva. Non penso che la suonerò ancora. Anche le canzoni hanno il loro posto.
Sono le 3, un po' imprudente da queste parti dover riprendere la macchina a quell'ora, ma c'è ancora posto per un'ultima birra, è ancora fresca. Due chiacchiere, gli occhi si fanno pesanti, ma la chitarra è ancora tra le mie braccia. Facciamo l'ultima ultima? Ok, che si fa? Rifacciamo piccola stella senza cielo. Ok, però suona tu, io canto. Ma dura solo una strofa, poi attacco pure io. Ti brucerai, perchè ti tiene su soltanto un filo, sai.

Nell'attesa che qualcuno mi mandi spanish boots of spanish leather, mi faccio un caffè.

lunedì 9 febbraio 2009

Arieccomi.

Allora, cosa raccontarvi prima, non saprei. Posso solo dirvi che per ora ho vissuto tante di quelle emozioni difficili da descrivere.
Ho visto un gruppo di percussionisti giovani, formati dalla mia capa, che è un po' fuori di testa anche lei. Questi musicisti suonavano non lontano da Bukavu, in un posto che dà sul lago Kivu, e vederli suonare è stato qualcosa di molto emozionante. Sarà il potere della musica, sarà non so che, fatto sta che avevo le lacrime agli occhi. Suonavano per la pace, perchè nella loro terra non ci fosse più violenza. Questo popolo è stanco di assistere alla violenza, d'altronde chi non lo sarebbe? Ci sono rifugiati in Tanzania, in Burundi, che sono rifugiati, e che vivono nei campi profughi da più di 10 anni!
Ve l'immaginate cosa deve essere tornare dopo 10 anni di attesa a casa loro?
E' retorico, lo so, ma la speranza qui è nelle giovani generazioni. Ho avuto a che fare con le autorità, mi sono presentato (è protocollo) all'ufficio dei servizi segreti (!), e tutto quello che voleva il funzionario, ubriaco alle 10 di mattina, era che io riempissi un formulario con tutti miei dati, cosa che mi sarebbe costata 20 dollari. E per questa "mancia" ti danno anche una ricevuta!!!!! E la causale recita "cout administratif".... Il mio amico James ha provato a negoziare (in swahili) ma non c'è stato verso. Io sono bianco, e devo pagare. A proposito, qui mi chiamano Mzungu, bianco.
Poi sono andato col mio amico James all'ufficio Immigrazioni, il tipo era più scortese del solito e fa al collega " Il bianco qui lavora al Centre Lokole". Non ve l'ho detto, Centre Lokole è il nome con cui la mia NGO, Search for Common Ground, è partita qui. Siccome è il nome è molto complicato, hanno scelto il Lokole, che è un tamburo con cui la gente di qui si scambia i messaggi da lontano. Adesso la gente comincia ad abituarsi al vero nome americano, storpiato in tutti i modi.
La corruzione delle forze dell'ordine è palpabile, ma non è di questo che vi voglio parlare.
Dopo qualche giorno a Bukavu, pieno di briefing, e di colleghi che ho conosciuto, mi sono catapultato ad Uvira, dove ho incontrato ancora James, che mi ha accolto come gli africani sanno fare. Karibu!, vuol dire benvenuto in swahili. Con lui ho fatto il giro della città, ho incontrato le radio con cui lavoriamo, le truppe di teatro (poi vi racconto meglio cosa facciamo qui), e gli altri.
La nostra guest house è fantastica, pensate che la volevano le UN, e James è riuscito a prenderla comunque. Un punto in più per le ONG, e in culo alle Nazioni Unite!
Ho conosciuto un sacco di giovani motivati, entusiasti di quello che facciamo e di quello che loro fanno con noi, hanno una forza e una volontà che noi ci siamo scordati. Dev'essere la stessa forza che i nostri nonni avevano al tempo della ricostruzione, dopo la guerra, ma forse anche lì le cose erano diverse. E mi hanno raccontato le loro testimonianze, mi hanno detto come Search li ha aiutati a gestire i loro conflitti in maniera pacifica, mi hanno detto "Sai, quello che noi facciamo ha un impatto, serve a qualcosa. In quel villaggio tutti litigavano, non si capivano. Adesso, dopo il nostro intervento, ci mandano SMS e ci ringraziano ancora, perchè adesso riescono a condividere il raccolto, si ascoltano e si capiscono. Adesso, i militari che occupavano casa loro se ne sono andati, oppure pagano regolarmente l'affitto." Davvero non ho le parole per descrivere le sensazioni che provo quando ascolto queste cose, la sensazione di essere utile, di fare qualcosa per la pace in questa terra martoriata da una violenza cieca.
A proposito, sicuramente siete passati, ad un certo punto della vostra vita, davanti ad un monumento che recita "qui i nostri compatrioti sono morti per la libertà", e giù i nomi di 4450 persone. Beh, qui è la stessa cosa, lungo la strada si vedono monumenti che recitano "qui avvenne il massacro di Makobola", niente di diverso, o meglio, la sola differenza sono gli anni. 1996, 1998, 2000, 2002. Dove eravamo noi il 13 luglio 1998? Sono sicuro che tutti ci ricordiamo cosa stavamo facendo, oppure ne abbiamo una pallida idea. Al mare, probabilmente sorseggiando birra, o mangiando una pizzetta, fumando una sigaretta, mandando SMS, cazzeggiando con gli amici. Nel frattempo, questa gente veniva massacrata a colpi di machete.
Stasera sono a Baraka, dove abbiamo un centro culturale. I bambini, gli adolescenti vengono qui e giocano a biliardo, a biliardino, o altri giochi. Si incontrano e diventano amici, tea Banyamulenge, Bafulero, Babembe, Bashi. Sono le diverse etnie (o tribù, come le chiamano loro) che si combattono. E anche loro, al loro interno, hanno dei conflitti, persino a livello di famiglia contro famiglia. In questo centro si parlanao, discutono, guardano film, giocano a carte, ridono, giocano a calcio.
Poi sono stato a bere una birra (davvero credete che fosse una sola?) con gli attori di teatro sul posto, e anche loro mi hanno raccontato le loro testimonianze, di come il teatro aiuta a parlare, a risolvere i conflitti.

Adesso sono qui che vi scrivo, nella guest house di UNHCR, e non so neanche quando pubblicherò questo post.
Ma non avete idea di come sono contento di fare quello che faccio.

Vi saluto!!

martedì 3 febbraio 2009

Rieccomi!!!!!

Dover ero rimasto?
Sì, a Bujumbura. Allora, in Burundi ho bevuto la mia prima birra congolese, la Primus!! La tradizione belga è rimasta, e la birra è molto buona. Peccato la fa producano solo in comode bottiglie da 72 cl. Ma non pensate che sia un problema per me!!
Ho discusso a lungo con Aloys (non si chiama Luis) sui problemi della regione, le guerre degli ultimi anni, e quello che succede qui nella sua tragedia è molto interessante. Soprattutto perché, come in ogni conflitto, ci sono sempre quelle che gli esperti come me (...) chiamano capacities for peace, cioè leve nella società su cui ci si deve appoggiare per costruire la pace.
La mia prima notte nei grandi laghi è passata tranquillamente, anche se avevo dormito in tutto mezz'ora la notte prima, ero talmente eccitato che non riuscivo a prendere sonno.
La mattina dopo Aloys viene per fare colazione, e un po' per casosi finisce sul discorso infinito su chi sono gli hutu e chi sono i tutsi. E lui mi dice, sai in realtà non mi piacciono queste definizioni, non vogliono dire niente. Lui mi ha raccontato che non può più tanto andare nell'est Congo, perchè lo scambierebbero per un tutsi, mentre invece "io sono hutu!". Questo fa capire come la categoria hutu e la categoria tutsi siano artificiali. E io incuriosito, allora gli chiedo "Cos'è che ti fa dire che sei hutu?" E lui "Perchè così mi hanno detto. Da quando sono nato mi hanno detto che sono hutu". Poi ci riflette due secondi, mentre France 24 passava le immagini dell'esercito rwandese che passa la frontiera ed entra in territorio congolese, e mi dice "Sai, hai fatto una domanda interessante. In realtà non è che io mi senta hutu, non ha senso, non mi piace neanche parlare in questi termini."
E pensare che a Bujumbura lo prendono per hutu, e all'est del Congo rischia di essere linciato perchè pensano sia tutsi!!!!!!

Dopo aver lasciato Aloys e averlo ringraziato dell'ospitalità, vado a visitare la sede della mia ngo a Bujumbura, dove abbiamo un ufficio. Tutti molto simpatici e cordiali, e tutti che ti dicono benvenuto, hanno un calore che non è falso, che assomiglia molto al calore italiano di qualche decennio fa, che noi abbiamo perso.

La macchina che deve portarmi da Bujumbura a Bukavu finalmente arriva. A Bujumbura fa molto caldo, ma quando cammino per strada nessuno si accorge di me, nessuno si accorge che sono bianco, e nessuno prova a sfilarmi soldi, in un modo o nell'altro. Ad Haiti non era così.
L'autista con cui faccio il viaggio si chiama Gilbert, molto cordiale e simpatico. Fra un po' pubblico anche delle foto del paesaggio che ho incontrato, qualcosa di veramente spettacolare!!!!

E finalmente a Bukavu!!!!! Una volta arrivato in ufficio, incontro James, il mio collega keniota che dovrò sostituire, ma con cui condividerò la casa a Uvira. James è un persona fantastica, con molto senso dell'ironia, parla swahili con tutti perchè non parla molto bene francese, e tutti lo prendono in giro perchè il suo accento è diverso dallo swahili congolese. In realtà lo swahili è un po' una lingua franca in questa parte dell'Africa, perchè il Congo ha circa 400 lingue delle diverse comunità che popolano il paese, però fra di loro parlano swahili. Questo è dovuto soprattutto al commercio, ma lo swahili è lingua originaria della Tanzania, ed ha anche molte influenze arabe, a causa della dominazione dei mercanti di schiavi arabi lungo le coste dell'est dell'Africa, tanti secoli fa.

Vi riscrivo presto!!!!